La Storia

I fatti del 29 giugno ’44. Civitella

Come cita la Sentenza emessa al termine del Processo condotto dalla Procura Militare di La Spezia dal 2003 al 2006, l’ampiezza dell’operazione e il numero di compagnie coinvolte non permette di stabilire con esattezza l’ora, ma tutti i testimoni sopravvissuti concordano nell’aver individuato l’arrivo dei tedeschi intorno alle 5,30/6 del mattino, quando le famiglie si preparavano ad andare alla messa nel giorno di Pietro e Paolo.
Tra gli intenti dell’operazione vi era sicuramente anche quello di rallentare l’avanzata delle truppe Alleate, nel momento in cui si stava costruendo negli Appennini la Linea Gotica a difesa dell’Italia settentrionale.
I primi ad essere uccisi furono gli abitanti delle frazioni intorno al paese di Civitella, mentre intanto altre compagnie giungevano in contemporanea nel paese di San Pancrazio, nel Comune di Bucine.
Le case di Palazzina, Querciola, Maestà Tonda furono perquisite dai tedeschi e in ognuna furono uccisi uomini, ma anche donne e ragazzi persino di 13/14 anni, che erano rimasti a casa e non erano ancora andati alla chiesa del paese.
A Civitella i militari entrarono da Porta Senese, percorrendo le strade del paese e spingendo in direzione della chiesa parrocchiale coloro che venivano catturati lungo il loro tragitto. I soldati tedeschi giunsero poi presso la Casa di Riposo e qui uccisero otto ospiti che si trovavano al suo interno.
Giunti alla chiesa, trovarono la porta chiusa. Don Alcide Lazzeri, parroco di Civitella a partire dal 1939, comprendendo con ogni probabilità cosa stava accadendo, benedisse la popolazione e la fece chiudere dentro l’edificio religioso. I tedeschi lanciarono una bomba a mano per aprile la porta e trascinarono fuori gli abitanti che si erano rinchiusi sperando di sfuggire alla furia omicida. Sembra che allora proprio don Alcide abbia gridato: «Sono io il responsabile di quanto è accaduto, uccidete me».
La memoria locale leggerà poi questo comportamento in chiave di martirologio, ossia come altruistica offerta della propria vita in cambio di quella dei parrocchiani. Il tentativo fu però inutile. Gli uomini furono infatti separati dai famigliari e depredati degli oggetti di valore, finché vennero portati a lato della chiesa a gruppi di cinque, e uccisi. Ad essi furono uniti coloro che erano stati rastrellati nelle case. Lo stesso don Lazzeri morì nell’eccidio.
Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi continuarono a cercare e uccidere gli abitanti rimasti dentro le abitazioni.
Compiuta la strage, incendiarono le case di Civitella, provocando la morte anche di coloro che avevano disperatamente tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi uomini riuscirono a salvarsi dal massacro.
L’orrore di quel giorno fu percepito anche nelle campagne circostanti, specie nelle frazioni a valle: qui, nonostante la distanza, furono ben udite le grida disperate e da ogni parte visto il fumo che usciva dalle case in fiamme.

L’antefatto

La sera del 18 giugno 1944, domenica, nove soldati tedeschi, forse paracadutisti della divisione “Hermann Göring”, si avvicinano ad una casa colonica in località Madonna presso Civitella. Dopo aver ordinato la cena e mangiato, si diressero verso il Dopolavoro del paese, sedendosi ad un tavolo, le armi appoggiate a terra. Un gruppo di partigiani, saputo che nel paese giravano dei tedeschi, decise di tentarne il disarmo. Verso le 21, essi entrano nel locale armati. Qui le versioni divergono: chi dice che i partigiani aprirono subito il fuoco, chi invece propende per una intimazione di resa, a cui i tedeschi avrebbero reagito. In ogni caso, ci fu un conflitto a fuoco e tre tedeschi cadono a terra. Uno di essi, illeso, invece riusciva a fuggire. Nel Dopolavoro la confusione era al massimo, i civili scappavano da ogni parte e qualcuno era stato anche ferito. Dei tedeschi, due erano morti e uno e ferito.

Verso le 23 della notte, alla casa colonica della Madonna, arriva un tedesco che porta sulle spalle un compagno ferito. E’ lo stesso del Dopolavoro, che viene lavato e curato, finchè i suoi compagni lo portano via su un camion. Al paese, intanto, quando spunta l’alba, la popolazione scappa terrorizzata dalla rappresaglia. Nel frattempo, l’arciprete don Alcide Lazzeri, saputo dell’accaduto, decide di far lavare i due morti tedeschi rimasti nel Dopolavoro, ed organizza loro il funerale con le poche donne che è riuscito a trovare. Ma dei tedeschi ancora nessuna traccia. Il 20 giugno arriva un militare germanico, forse un medico, ad esaminare i due cadaveri che ancora giacciono nel locale di ritrovo. Assieme ad una interprete, egli ascolta don Lazzeri che rammenta le fasi dell’attacco e dichiara che i civili sono estranei a quanto accaduto. L’ufficiale accetta, come segno di buona volontà, che i due soldati siano sepolti nel locale cimitero, e così avviene, con la partecipazione di un picchetto militare tedesco. Ma ancora le intenzioni dei soldati non sono chiare, e i paesani hanno paura a tornare. Dopo una serie di indagini, i tedeschi vanno via. Anzi, qualcuno dice ai civitellini di stare tranquilli, perché non ci saranno rappresaglie. Ma invece, la mattina del 29 giugno 1944, quando anche per la festa di San Pietro e Paolo, molti sono rientrati, unità della divisione paracadutisti corazzati “Hermann Göring”, a cui si affiancano altri militari, pare ci siano stati anche degli italiani, circonda il paese all’alba. Tutti gli uomini vengono strappati alle case e portati sulla piazza del paese, tra essi anche don Lazzeri che offre la sua vita in cambio di quella dei civili. Non viene ascoltato: sarà ucciso con un colpo alla nuca come tutti gli altri 149 i morti, tra cui due sacerdoti. Poi, i corpi vengono gettati nelle case a cui i tedeschi hanno dato fuoco.

L’ampiezza dell’operazione e il numero di compagnie coinvolte nei fatti di Civitella non permette di stabilire con esattezza l’ora, ma tutti i testimoni sopravvissuti concordano nell’aver individuato l’arrivo dei soldati tedeschi intorno alle 5,30 del mattino, quando le famiglie si preparavano ad andare alla messa nel giorno di Pietro e Paolo.
Tra gli intenti dell’operazione vi era sicuramente anche quello di rallentare l’avanzata delle truppe Alleate, nel momento in cui si stava costruendo negli Appennini la Linea Gotica a difesa dell’Italia settentrionale.
I primi ad essere uccisi furono gli abitanti delle frazioni intorno al paese.
Le case di Palazzina, Querciola, Maestà Tonda furono perquisite dai soldati tedeschi e in ognuna furono uccisi uomini, donne e ragazzi, che erano rimasti a casa. A Civitella i militari entrarono da Porta Senese, percorrendo le strade del paese e spingendo in direzione della chiesa parrocchiale coloro che venivano catturati lungo il loro tragitto. I soldati tedeschi giunsero poi presso la Casa di Riposo e qui uccisero otto ospiti che si trovavano al suo interno.
Giunti alla chiesa, dove erano riuniti gli abitanti, trovarono la porta chiusa. Il parroco don Alcide Lazzeri, comprendendo con ogni probabilità cosa stava accadendo, aveva benedetto la popolazione facendola  chiudere dentro l’edificio. I soldati lanciarono una bomba a mano per aprile la porta e trascinarono fuori gli abitanti che si erano rinchiusi sperando di salvarsi. Sembra che allora proprio don Alcide abbia gridato: «Sono io il responsabile di quanto è accaduto, uccidete me».
Il tentativo fu inutile. Gli uomini furono portati a lato della chiesa a gruppi di cinque, e uccisi. Lo stesso don Lazzeri morì nell’eccidio. Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi continuarono a cercare e uccidere gli abitanti rimasti dentro le abitazioni. In ultimo, incendiarono le case di Civitella, provocando la morte anche di coloro che avevano tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi uomini riuscirono a sfuggire al massacro.

Le Vittime

Don Alcide Lazzeri, 57 anni
Agrippi Giorgio, 60 anni
Bacconi Angelo, 45 anni
Balucani Italo, 52 anni
Bartolucci Armando, 58 anni
Bernardoni Zelindo, 61 anni
Bernini Basilio, ? anni
Bonichi Azelio36 anni
Bonichi Eliseo, 52 anni
Bozzi Conforto, 48 anni
Bozzi Pietro, 18 anni
Bozzi Fernando, 21 anni
Bozzi Bernardo, 28 anni
Caccialupi Federigo, 80 anni
Caccialupi Giuseppe, 34 anni
Caldelli Adolfo, 44 anni
Caldelli Virgilio, 53 anni
Caldelli Ibo, 39 anni
Cardini Antonio, 75 anni
Cetoloni Egidio, 39 Anni
Cetoloni G. Battista, 63 anni
Coradeschi Rosa, 61 anni
Crespignani Crespino, 80 anni
Falsetti Francesco, 77 anni
Falsetti Giovanni, 46 anni
Falsetti Luigi, 70 anni
Falsetti Settimio, 49 anni
Fabianelli Carlo Ottavio, 68 anni

Fracassi don Sebastiano, 74 anni
Forni Fedele, 63 anni
Franci Caterina, 8 anni
Franci Giuseppe, 47 anni
Giovanetti Egisto, 68 anni
Giuliani Lorenzo, 62 anni
Gualdani Cesare, 42 anni
Gualdani Luigi, 75 anni
Guerrini Luigi, 70 anni
Iacomoni, 63 anni
Lammioni Maria, 2 anni
Lammioni Giuliana, 5 anni
Lammioni Alessandro, 57 anni
Lammioni Dante, 50 anni
Lammioni G. Battista, 48 anni
Lisi Gregorio, 68 anni
Magini Rinaldo, 53 anni
Marchetti Gino, 36 anni
Marsili Azelio, 40 anni
Marsili Giustino, 48 anni
Menchetti Torquato, 27 anni
Milani Francesco, 67 anni
Morfini Carlo, 79 anni
Mucciarini Alfredo, 67 anni
Nardi Elena, 70 anni
Nocentini Arturo, 30 anni
Paggi Gastone, 37 anni
Pasqui Alfredo, 49 anni

Pasqui Giuseppe, 18 anni
Pasqui Settimio, 57 anni
Poltri Angiola, 82 anni
Poltri Luigi, 76 anni
Polvani Giuseppe, 74 anni
Rossi Andrea, 72 anni
Sabatini Paolo, 54 anni
Sandrelli Maria, 34 anni
Mandrini Penelope, 77 anni
Salvatori Assunta, 43 anni
Scaletti Dario, 77 anni
Sensini Francesco, 80 anni
Tavarnesi Agostino, 66 anni
Tiezzi Angiolo, 67 anni
Tiezzi Bruno, 21 anni
Tiezzi Leonello, 58 anni
Tiezzi Pilade, 54 anni
Tozzi Silvio, 39 anni
Trippi Quinto, 30 anni
Vannucchi Silvio, 54 anni
Venturini Alfredo, 52 anni
Verdelli Emilio, 62 anni
Zelli Antonio, 20 anni
Zelli Nello, 16 anni

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Monumenti e Ceppi Commemorativi

Luogo della Strage